A macchia di leopardo, ma con la velocità di una pandemia. La protesta dei precari della scuola docenti e personale tecnico contro i tagli di cattedre e posti decisi dal governo sta montando con il passare dei giorni e le prime verifiche. Dal primo settembre, infatti, è iniziata la riffa che come ogni anno chiama una marea di aspiranti supplenti (alcuni in questa posizione da più di 20 anni) per vedere se c’è un posto disponibile da qualche parte, nella propria provincia o altrove. Il teatro può cambiare - una scuola a Roma, un palasport a Firenze, ecc. - ma la scena è la stessa. Avvilente già nella scenografia.
Le docenti arrampicatesi sul tetto dell’ufficio scolastico provinciale di Benevento sono ormai dopo soli tre giorni delle stelle di prima grandezza in questo firmamento. E i politici fanno a gara per salire su quel tetto e farsi fotografare con loro. Prima il beneventano Viespoli, poi il segretario del Pd Franceschini. Identico l’intento. Al punto che ieri hanno accolto l’ultimo visitatore con uno striscione eloquente: «Cari politici, turni di notte, non passerelle!».
Ma Catania, Palermo, Cagliari, Padova, Milano, Roma, Torino, ecc, offrono un quadro anche più mosso. In qualche caso simbolo dei presìdi sono diventate le catene (Palermo e Milano, dove hanno portato la propria solidarietà ed esperienza anche gli operai dell’Innse), in altri le mutande, per illustrare sinteticamente le condizioni economiche in cui sono state precipitate decine di migliaia di famiglie.
Ma non viene sottolineato solo l’aspetto occupazionale. L’espulsione di oltre 42.000 docenti e 15.000 Ata, infatti, non è dovuta a una diminuzione delle iscrizioni, ma al combinato disposto di diverse linee di intervento accomunate dall’unico scopo ufficiale del «risparmio». Quello non dichiarato, ci spiegano, è «la distruzione della scuola pubblica per favorire quella privata».
Come fanno? Semplice: a) si riducono gli orari di lezione; b) si «abilitano» i docenti a insegnare più materie; c) si aumenta il numero degli studenti per classe (fino a 33-34, violando ogni buona pratica in materia di didattica e sicurezza); d) imponendo il «maestro unico» alle elementari.
A fronte di un problema sociale e didattico enorme, il governo prova a dividere il fronte proponendo i «contratti di disponibilità», una sorta di ammortizzatore sociale vincolato però alla totale soggezione individuale del precario. Stamattina, al ministero dell’istruzione, si terrà un «tavolo tecnico» con alcuni sindacati per vedere di concretizzare questa misura. Fuori, su viale Trastevere, i coordinamenti dei precari e i sindacati aderenti al «patto di base» (Cobas, RdB-Cub e Sdl) terranno un sit-in per chiedere invece la «stabilizzazione» progressiva delle centinaia di migliaia di precari che da molti anni sono la vera stampella su cui regge il normale funzionamento della scuola pubblica.
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