Quando i maggiori leader di un partito faticano a radunare cento persone per assistere ai loro comizi, non è necessario leggere i sondaggi per capire che è in arrivo non una sconfitta, ma una batosta di proporzioni enormi. Domani quei leader troveranno conferma ai loro incubi politici nei risultati che quasi certamente emergeranno dallo spoglio delle schede. Gli istituti demoscopici giapponesi prevedono un crollo del partito di governo, i Liberaldemocratici, sino al 18% dei consensi. I loro avversari del Partito democratico ne otterrebbero il doppio, balzando sino al 36%, e conquistando un’amplissima maggioranza dei seggi in Parlamento, intorno ai due terzi del totale.La lunga crisi della formazione che ha letteralmente dominato la scena politica nazionale dalla fine della seconda guerra mondiale in poi, giunge a compimento. E molti osservatori si stupiscono che a questo esito non si sia arrivati prima. Il colpo di grazia alle residue speranze di recupero elettorale per il governo guidato da Taro Aso, è arrivato ieri con la pubblicazione dei dati sulla disoccupazione. Nel mese di luglio la parcentuale dei senza lavoro in Giappone è stata del 5,7%. Mai si era arrivati così in alto negli ultimi sessanta anni. L’incremento ha avuto un ritmo galoppante da dodici mesi in qua. Un milione di persone è andato ad aggiungersi ai due e mezzo che venivano registrati come disoccupati sino all’estate scorsa. Due giorni fa Aso ed i suoi avevano tentato disperatamente di richiamare l’attenzione dei connazionali sui primi timidi segni di ripresa economica, ingigantendo l’importanza del rialzo (0,9%) del prodotto lordo fra aprile e giugno, dopo tanti mesi di cali. Ma i giapponesi sperimentano nella loro vita quotidiana il fallimento delle scelte governative, e sono più disgustati che delusi dagli scandali pubblici e privati di cui sono stati protagonisti molti dirigenti liberaldemocratici negli ultimi anni. Particolarmente indecorosa fu l’apparizione di Shoichi Nakagawa ubriaco ad una conferenza stampa a Roma dopo il vertice dei ministri delle finanze dei Paesi del G7. Nakagawa fu costretto alle dimissioni. Ma non era che una delle tante gaffe e brutte figure inanellate da importanti membri degli ultimi governi che si sono succeduti al ritmo di uno all’anno dal 2006 in avanti. Con il controllo degli apparati burocratici e gli stretti rapporti con il mondo degli affari, il partito liberaldemocratico è riuscito a monopolizzare la vita politica nazionale per molti decenni. Fin che l’economia tirava, gli elettori hanno spesso chiuso un occhio sulla corruzione, sulle tangenti, e sulle faide di potere interne al partito. Ora il limite di tolleranza sembra essere stato superato e la gente vuole cambiare.Cambiamento è appunto lo slogan costantemente sbandierato in campagna elettorale dal Partito democratico, principale gruppo dell’opposizione. Il suo leader Yukio Hatoyama, 62 anni, appartiene ad una famiglia che viene talvolta paragonata al clan americano dei Kennedy, per la concezione della politica come missione. Ma non tutti gli osservatori sono d’accordo nel giudizio così benevolo sugli Hatoyamna, e ricordano come il nonno di Yukio, Ichiro, sia stato epurato a suo tempo dal generale americano MacArthur per connivenza con il regime dittatoriale del Sol Levante che portò la guerra in tutta l’Asia. Agli elettori i Democratici si propongono come una forza che intende combattere gli sprechi, limitare lo strapotere dei burocrati, promuovere politiche in favore delle famiglie. Hanno anche promesso di abolire alcune impopolari misure varate dai predecessori, come la soprattassa sulla benzina o i pedaggi autostradali. In politica estera propendono per una maggiore autonomia rispetto agli Stati Uniti, ma rifuggono dalle tentazioni nazionaliste e militariste in cui sono caduti alcuni degli ultimi primi ministri e ministri della Difesa. «Devo ammettere che il governo non ha prestato sufficiente attenzione alle disuguaglianze sociali ed alla povertà», ha riconosciuto il premier Aso, promettendo ai concittadini che d’ora in avanti agirà diversamente. Scuse tardive, progetti di rinnovamento troppo vaghi per risultare credibili.
da L'Unità
Nessun commento:
Posta un commento